L’annuncio recente di Meta di voler introdurre un modello di abbonamento mensile privo di pubblicità rappresenta un cambiamento significativo, ma le motivazioni dietro questa mossa dovrebbero essere esaminate con uno sguardo più critico.
La decisione è prima di tutto una diretta conseguenza delle regole che sono state imposte dalla comunità Europea, e non certo una libera e pregevole iniziativa del colosso di Menlo Park.
In seconda analisi, sembra essere un tentativo disperato di rimediare a anni di negligenza e di offrire una soluzione superficiale a problemi profondamente radicati.
Meta di fronte al fallimento del modello: gli utenti prima della pubblicità

Allo stato attuale delle cose, nemmeno importa se saranno 10, 100, o persino un miliardo gli utenti che decideranno di sborsare denaro per liberarsi dall’assillo della pubblicità.
Ciò che assume una rilevanza cruciale è il fatto che Meta, con questa mossa, implicitamente riconosce la completa inadeguatezza del suo modello di business.
Modello che ha trattato a lungo gli utenti come merce da vendere, sacrificando i loro gusti e le loro abitudini agli interessi degli inserzionisti, in nome della promessa di una pubblicità in target con l’audience, pertinente e utile per tutti.
Come la promessa di una buona pubblicità è sfumata nel nulla

Gli inserzionisti, da parte loro, hanno da tempo superato ogni limite di decenza e tolleranza della platea. I loro annunci spesso poco mirati, ripetitivi e in pieno contrasto con la più elementare etica della comunicazione, hanno ottenuto come unico risultato quello di richiedere una spesa sempre crescente per ottenere un’attenzione via via minore.
La colpa principale di questa situazione deve essere ricercata nelle agenzie di social media marketing, vere o presunte che siano, che dal 2015 ad oggi si sono moltiplicate in modo esponenziale.
Spinte dall’apparente semplicità degli strumenti pubblicitari messi a disposizione da Meta, molte persone hanno creduto di potersi improvvisare esperti nella comunicazione e nel marketing online, ma la realtà è ben diversa.
La promessa di una pubblicità mirata è stata del tutto disattesa a causa della totale incapacità di questi nuovi addetti del settore.
Una prova qualsiasi? Basta cliccare sul piccolo pulsante con la scritta “Perché vedo questa inserzione?” e nella stragrande maggioranza dei casi scoprirete di essere costretti a subire un determinato tipo di annunci, solo perché siete donne o uomini con un’età compresa tra 18 e 99 anni.
Agenzie social e piattaforma: gli unici vincitori in una terra di nessuno digitale

C’è davvero poco di cui essere allegri: se consideriamo l’intero panorama europeo, stiamo parlando di miliardi di euro che escono dalle casse di aziende e professionisti alla voce “costi di marketing”, per essere bruciati in una sterminata terra di nessuno digitale. Le uniche a trarne vantaggio sembrano essere le cosiddette “Agenzie Social” e la piattaforma di turno.
Per il resto, gli utenti sono costretti a subire una pubblicità invadente e lontana dai loro reali interessi, mentre gli inserzionisti vedono i propri investimenti svanire nel nulla. La pubblicità online è diventata un territorio ostile e inaffidabile, causando crescente insoddisfazione tra utenti e inserzionisti.
L’alleanza tra creator e brand su YouTube: un esempio per la pubblicità di successo
Un esempio interessante di come la pubblicità online si può riorganizzare in chiave positiva e rispettosa per utenti e inserzionisti, ce lo offre YouTube.
Anche la piattaforma YouTube si è dovuta confrontare con il problema della qualità delle inserzioni pubblicitarie, ma da quando ha introdotto l’opzione Premium (una versione a pagamento che elimina la pubblicità) i vari Youtuber hanno iniziato a diventare testimonial di brand, riservando loro stessi uno spazio pubblicitario all’interno dei propri contenuti video.
Togliendo di fatto il “giocattolo pubblicitario” dalle mani della piattaforma, questa pratica ha portato un aumento significativo della qualità e della pertinenza delle inserzioni proposte agli utenti.
I creator hanno assunto il controllo sulla pubblicità, valutando attentamente la pertinenza e l’opportunità di legare la propria reputazione a un marchio sponsorizzato, migliorando notevolmente l’esperienza dell’utente e consentendo anche agli inserzionisti di raggiungere un pubblico più impegnato e consapevole.
Ti potrebbe interessare anche -> È morto Matthew Perry, il Chandler di Friends: il messaggio di cordoglio dei creatori della sitcom
Reinventarsi o scomparire: la sfida per Meta e tutti i player del web

La lezione da trarre da questo cambio di rotta di Meta è che il modello pubblicitario basato sull’improvvisazione e l’aggressività ha avuto il suo tempo e sta perdendo definitivamente la sua efficacia.
A nessuno di coloro in grado di analizzare con profondità questi scenari economico-sociali importa che Meta sia stata obbligata o meno dalle nuove normative comunitarie, né importa che Meta si prodighi in comunicati stampa per ribadire la sua più sincera fede e abnegazione verso il modello di business fin qui sostenuto.
Gli inserzionisti devono ora affrontare una nuova realtà in cui la qualità e la pertinenza delle inserzioni sono fondamentali per coinvolgere gli utenti disposti a pagare per un’esperienza migliore.
Quegli stessi utenti che nella mente di qualsiasi imprenditore serio e avveduto, rappresentano il cliente ideale.
Ti potrebbe interessare anche -> Bonus Veicoli Sicuri per far fronte agli aumenti delle revisioni auto: come richiederlo
Si spera che gli inserzionisti sapranno trovare dei seri professionisti della comunicazione a supportarli, e che questo cambiamento porti con sé una selezione naturale delle agenzie di web marketing in cui se non sei in grado, soccombi.
L’era delle inserzioni invasive e poco pertinenti sta giungendo al termine. Volenti o nolenti, le piattaforme social come Facebook e Instagram devono reinventarsi per sopravvivere in questo nuovo panorama digitale.
Immagine in evidenza di Lorenzo Genna