Keith Jarrett è il più originale pianista jazz di questo secolo che oggi ha tagliato il traguardo di 77 anni. “Pretendo di essere Bach con una mano sola ha detto, ma mi rendo conto che sto solo giocando”. Queste le sue ultime dichiarazioni prima di scomparire per sempre dal panorama jazzistico internazionale.
Ma come funziona l’arte di Jarrett? Lui sale sul palco e si siede sullo sgabello davanti al pianoforte senza nessuna idea di che cosa possa prendere forma. È concentrato, in sala tutto tace, poi si china sulla tastiera e le mani si avvicinano ai tasti: accade la magia, una composizione istantanea, senza partitura, suona quello che la mente in una frazione di secondo gli suggerisce.
Si alza dallo sgabello, sbatte i piedi sul legno del palcoscenico, si agita e accompagna le note con tutto il suo corpo, ansimando la melodia un attimo prima di eseguirla.
“Io rischio, dunque se non è tutto perfetto, se non riesco a concentrarmi, non suono”, una dichiarazione forte e concisa, che l’artista ripete a se stesso e agli spettatori, si concretizza nella sua meravigliosa creazione “La Scala”, un album pubblicato dall’etichetta discografica ECM due anni dopo la registrazione live a Milano, il 13 febbraio del 1995.
“La Scala” di Keith Jarrett: un’unione d’arte melodica e sensazioni dell’anima

Nella prima parte del concerto de “La Scala” le dita di Keith Jarret sfiorano i martelletti della tastiera e la sua voce diventa un sottofondo canoro: la composizione è un’unione di arte melodica e sensazioni dell’anima.
L’artista sussurra ciò che la propria mente elabora e questo lo si può ascoltare e percepire nella seconda parte de “La Scala”, dove le note diventano tempistiche circolari, prive di tecnicismi, solo ed esclusivamente sonorità eteree, spogliate da qualsiasi traccia classica.
Il suono del pianoforte insieme alla vocalità di Keith Jarrett plasmano l’elemento compositivo fondamentale che scaturisce in un’inedita cover finale di “Over The Rainbow”, caratterizzata solo dalle intensità sensoriali e dalle emozioni sonore, eliminando impostazioni e velocità di un brano fatto di transizioni e variazioni timbriche.
Un puro connubio di espressione artistica distinta dal semplice contesto esecutivo: esiste solo lo spazio infinito della musica all’unisono con la genialità spirituale del musicista.