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Ibrahimovic senza freni: “Solo io posso giudicarmi” e sul futuro da allenatore non ha dubbi

Zlatan Ibrahimovic in una lunga chiacchierata al The Athletic si è raccontato senza riserve sia da un punto di vista professionale che privato
Ibrahimovic senza freni: "Solo io posso giudicarmi" e sul futuro da allenatore non ha dubbi

In una lunga intervista al The Athletic, Zlatan Ibrahimovic si è aperto senza riserve o filtri com’è suo stile. L’ex bomber del Milan ha parlato del suo possibile futuro da allenatore raccontando del significativo rapporto con il tecnico Fabio Capello fino al rapporto con il figlio.

Il ruolo di Ibrahimovic oggi in rossonero

Durante la tournée del Milan negli Stati Uniti, l’ex bomber rossonero si è raccontato al The Athletic parlando di svariati temi sia privati che professionali. Riguardo al suo attuale ruolo nella società rossonera ha dichiarato di non essere come una “babysitter”, bensì di pretendere il massimo dai propri giocatori, per poter ambire alla vittoria e aumentare il valore del club: “I miei calciatori sono adulti e devono assumersi le proprie responsabilità. Devono dare il 200% anche quando non ci sono”.

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Zlatan Ibraimovich (Foto da Instagram @iamzlatanibrahimovic)

Rispetto al suo possibile futuro da allenatore ha commentato: “ Vedi i miei capelli grigi? Figuriamoci dopo una settimana da allenatore”. Ibrahimovic ha ribadito quanto quello del tecnico sia un ruolo di grande responsabilità, senza tempo libero e spesso costretto a lavorare anche 12 ore al giorno. La funzione dello svedese oggi nella società è di essere un leader dall’alto e di assicurarsi che la struttura e l’organizzazione funzionino. Deve tenere tutto e tutti connessi.

Da Capello a Mourinho prima del ritorno a Milano

Sul suo periodo trascorso alla Juventus sotto la guida di Fabio Capello Ibra ha confessato quanto sia stato per lui il più distruttivo, ma al tempo stesso costruttivo perché in fondo ha funzionato rivelando che è stata la strategia motivazionale del tecnico che gli ha permesso di diventare il migliore di tutti. “Ti diceva ‘Oggi sei stato uno schifo ma domani sarai il migliore. Quindi, quando pensavi di essere il migliore, ti massacrava. A un certo punto non ci capivo più nulla. Mi chiedevo: ‘Sono davvero il migliore o sono una m…?‘”.

In riferimento alla passata esperienza da giocatore al Manchester Utd di Josè Mourinho, dove è approdato a 35 anni Zlatan ha ricordato quando la gente gli diceva di essere troppo vecchio e che doveva ritirarsi, e quanto questo clima invece lo motivasse a dare il meglio di sé. Questo gli è stato possibile anche grazie al supporto del mister: “Mourinho era una macchina – ha confessato- un manipolatore, sapeva come entrarti nella testa. Mi ha ricordato Capello. Ma una versione più recente. Disciplina. Duro. Intenso. Come piace a me“.

Il legame con il Milan

Parlando del suo ritorno a Milan Ibrahimovic ha poi detto che in quella situazione doveva più dare che prendere, dimostrare alla nuove generazione come gestire bene la pressioni, le pretese e gli obblighi a certi livelli e in un grande club, sostiene: “Ero una specie di angelo custode. Tutta la pressione ricadeva su di me, ma allo stesso tempo io facevo pressione su di loro. C’era bisogno di un leader e se non hai esempi da seguire, soprattutto quando giochi in grandi club, chi ti indica la strada?“.

La sua religione

Nel corso della sua chiacchierata a The Athletic Ibra ha parlato anche dei tanti tatuaggi sul corpo e in particolare sul significato di uno di essi che recita: “Solo Dio può giudicarmi”. Lo svedese ha commentato: “Non sono credente. Credo nel rispetto. Quindi quelle parole significano che solo io posso giudicarmi”.
Zlatan non si è risparmiato quindi neppure il riferimento al difficile momento in cui Dio non c’è stato ad aiutarlo quando ha perso il fratello a causa della leucemia e non ha dubbi nel dire: “Nel mio mondo, sei tu il tuo dio. E’ quello in cui credo“.

La famiglia e il rapporto con il figlio

Il mettersi alla prova, uscire dalla sua comfort zone, sono questi i motivi che hanno spinto l’ex giocatore svedese a cambiare così tante squadre. Ibra ha raccontato che se qualcuno oggi andasse in casa sua – cosa rara perché sono molto riservati – difficilmente si accorgerebbe del suo passato da calciatore: tutti i suoi trofei sono in cantina per ora, forse un giorno li metterà in mostra, ma per adesso in casa c’è solo una foto dei suoi piedi a voler ricordare ciò da cui tutto è iniziato.

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Zlatan Ibraimovich (Foto da Instagram @iamzlatanibrahimovic)

Riguardo al figlio Maximilian conferma quanto sia difficile per il ragazzo portare un cognome pesante e essere sempre paragonato a lui, ed è severo nel dire: “Non lo giudico come se fosse mio figlio. Lo giudico come giocatore, come tutti gli altri. Deve imparare, lavorare e guadagnare. Mentalmente è forte”. Nel parlare del figlio con occhi da padre Zlatan conclude: “Gli ho dato disciplina, rispetto e il duro lavoro. Se vuoi qualcosa, lavori per ottenerla. Non ti daranno nulla gratuitamente qui. E non solo nello sport“.

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