Tre scenari possibili, 5 soluzioni già studiate: il documento riservato dell’Istituto superiore di sanità e del ministero della Salute. Nuovi timori per la riapertura delle scuole che potrebbero far risalire la curva epidemiologica
Nonostante il periodo estivo abbia “allentato” la tensione della prima fase critica, a detta di molti esperti, non bisogna “abbassare la guardia”, perchè la situazione non è ancora risolta. Sono infatti tre gli scenari possibili ipotizzati per la fase 3 e cinque le soluzioni già studiate, anche in caso di una famosa “seconda ondata”. Tali ipotesi e contromisure sono contenute in un documento riservato prodotto dagli esperti dell’Istituto superiore di Sanità e del ministero della Salute che analizza quanto potrà accadere in autunno.
Queste “Linee guida”, come le ha definite ieri in Parlamento il ministro Roberto Speranza sono frutto di un “lungo lavoro trasmesso al Comitato tecnico scientifico che sarà inviato alle Regioni e costituirà l’orizzonte con cui affrontare la fase della ripresa”. Un dossier la cui valutazione tiene conto di una delle variabili più discusse attualmente, tra cui la riapertura delle scuole, che potrebbe portare ad un nuovo aumento della curva epidemiologica.
Secondo alcuni calcoli già effettuati dagli scienziati, anche in base all’esempio di altri Paesi, è presente la possibilità che la ripresa delle lezioni possa incidere sull’Rt, che misura la trasmissibilità del virus con un + 0,4. Proprio di questo aspetto discuteranno esperti e politici al termine di questo mese.
I tre scenari e 5 interventi contenuti nel dossier
Nel documento segreto stilato dagli esperti si parla di “tre possibili scenari” e “cinque soluzioni” rispondenti al succedersi dei casi ipotizzati.
Il primo scenario delineato dagli esperti riguarda la «trasmissione localizzata». Ciò significa che la situazione sarà tendenzialmente sotto controllo, con una presenza di focolai che farebbero aumentare l’indice Rt. E dunque bisogna prevedere un reazione adeguata soprattutto per quanto riguarda la tracciabilità dei contatti dei positivi.
Il secondo scenario, maggiormente preoccupante, parla di un’impennata di casi, quindi un peggioramento della situazione che sarebbe, in ogni caso, gestibile senza interventi straordinari a livello di servizio sanitario nazionale. Tale ipotesi prevede cioè un numero consistente di malati che ricorrerebbero alle cure negli ospedali, senza però provocare una situazione fuori controllo, e altri che invece potrebbero gestire il contagio e i sintomi rimanendo a casa.
Abbiamo, infine, un terzo scenario, che ci riporterebbe invece alla “fase critica” della pandemia a seguito di una seconda ondata di Covid-19, provocando quindi un numero altissimo di nuovi casi e soprattutto tanti malati, che arriverebbero in ospedale in condizioni gravi, “ripopolando” nuovamente le terapie intensive.
Nel documento — una relazione di sette pagine a cui si aggiungeranno osservazioni degli scienziati e suggerimenti dei governatori — si individuano anche gli interventi necessari a contenere i contagi e soprattutto a fronteggiare un’altra eventuale situazione di emergenza.
Il primo intervento riguarda la necessità di “favorire il coordinamento con le Regioni” in modo da poter prendere ogni tipo di misura idonea.
Per farlo, e qui si passa al secondo punto, è necessario “monitorare costantemente la situazione”. Il riferimento è al controllo che il ministero della Salute sta già effettuando servendosi del monitoraggio settimanale che tiene conto di 21 indicatori e, sulla base di un algoritmo, calcola la tenuta delle strutture sanitarie nelle varie regioni e dunque anche la risposta da fornire nei casi più gravi.
Il terzo punto riguarda la fondamentale “garanzia di una comunicazione ufficiale”. Ciò significa che i numeri sui contagi, sui tamponi effettuati, sui malati e tutto quello che riguarda l’eventuale espansione dell’epidemia, devono essere sempre aggiornati con dati attendibili provenienti dalle Regioni che diano la percezione esatta dell’evoluzione o regressione dell’epidemia.
Questa contezza di numeri porta alla la quarta soluzione ipotizzata dagli esperti, che riguarda un piano operativo aggiornato costantemente sulla scuola e sulle Residenze per anziani che, durante la fase critica, hanno rappresentato i maggiori focolai.
Per questo, è l’ultimo problema affrontato e certamente il nodo fondamentale, “si dovrà provvedere al rafforzamento dei presidi sanitari” e in particolare a quei “dipartimenti per la prevenzione” che garantiscono la tenuta del sistema e la capacità di prevenire situazioni di alto rischio.
Le strutture sanitarie e la “seconda ondata”
Nel dossier si evidenzia anche la necessità di avere un numero sufficiente di posti letto disponibili “sia per quanto riguarda i reparti ordinari, sia per le terapie intensive”, oltre che “farmaci adeguati, formazione del personale, dispositivi di protezione in numero sufficiente”.
La carenza delle mascherine — in particolare per medici e infermieri — ha rappresentato uno dei problemi più gravi da affrontare nel marzo scorso, quando è esplosa l’epidemia da coronavirus e la ricerca delle stesse era diventata a dir poco compulsiva.
A distanza di mesi la situazione è diversa, poiché le scorte sono aumentate ed i canali di reperibilità attivati, ma è necessario farsi trovare pronti per ogni evenienza, evitando di farsi trovare nuovamente impreparati, dal momento che il rischio di una seconda ondata non è ancora scongiurato.
Quanto sta accadendo in altri Paesi, infatti, dimostra che nulla può essere escluso e ciò si capirà proprio a seguito del ritorno di studenti, insegnati e personale nelle scuole.